sabato 7 dicembre 2013

Cosa c’entra l’Italia con il Messico?


I meno giovani probabilmente ripenseranno alla finale dei mondiali di calcio che l’Italia ha disputato in Messico contro il Brasile nel 1970, ma purtroppo non è soltanto questo che lega il nostro Belpaese alla terra dei narcos, quanto piuttosto il commercio di cocaina.
E’ infatti nel porto di Gioia Tauro, con i suoi 3500 chilometri di banchine, che arrivano le navi della cocaina; ne arrivano così tante che qualcuno ha iniziato a chiamarla “Coca-Tauro”. A differenza del Messico non ci sono né soldati né cadaveri per le strade della Piana, eppure è la ‘ndrangheta il nuovo sodale dei cartelli messicani della droga. Il traffico internazionale di cocaina, che in Messico miete 1400 vittime al mese, in Calabria ha trovato spazio in un gioco di quote e spartizioni territoriali tra ‘ndrine rivali. Questo perché il commercio di cocaina non ha rivali in termini di guadagni; basti pensare che un chilo di cocaina, comprata dai gruppi criminali a 1500€ al chilo, può fruttare fino a 225000€ una volta lavorata ed immessa nel mercato dello spaccio locale. Più di 100mila persone, ad oggi, hanno perso la vita in questa sanguinosa guerra per la polvere bianca e l’Italia, sopra la media europea per consumo di cocaina, ha le sue colpe in questo poiché a maggior consumo corrispondono maggiori guadagni. Gioia Tauro, con i suoi 3,5 milioni di container l’anno che arrivano sulle sue banchine, è la principale porta di ingresso della cocaina in Europa; e la ‘ndrangheta, economicamente e logisticamente imbattibile tra tutte le mafie, ne è la regina, riuscendo a coprire, da sola, circa l’80% dell’intero traffico di cocaina nel Vecchio Continente con guadagni annuali dell’ordine dei 20 miliardi di euro. Globalmente il traffico di stupefacenti fa arrivare nelle tasche della criminalità organizzata 350 miliardi di dollari l’anno; i narco-dollari, o coca-euro per quanto ci riguarda, vengono riciclati nell’economia legale, grazie ad appoggi all’interno dell’istituzioni e degli istituti di credito, andando a corrompere irreparabilmente il sistema economico degli Stati importatori. Gli elevatissimi guadagni derivanti dal narcotraffico permettono, infatti, alle mafie di insinuarsi nelle attività produttive del Paese, andando a stroncare, in un periodo di crisi come quello attuale, la concorrenza imprenditoriale grazie alla pressoché infinita disponibilità di liquidità. Dall’analisi dei dati emerge come i narco-dollari siano diventati ormai un cardine del sistema finanziario globale.
Ad ogni anno che passa il quantitativo di droga intercettato aumenta sempre di più, ma, come hanno svelato le inchieste, solo il 10% della cocaina viene intercettato, perciò è facile capire come all’aumento di droga sequestrata corrisponda un aumento della droga importata, e quindi venduta. Con la fine dell’egemonia colombiana nel traffico di cocaina, la ‘ndrangheta è riuscita a capire prima delle altre mafie le possibilità economiche di un accordo con i narcos messicani e così, dal 2008, iniziano a emergere dalle investigazioni i primi contatti criminali tra Italia e Messico. E’ necessario, a questo punto, chiedersi chi fornisce alla ‘ndrangheta la droga destinata ai mercati europei. A gestire il commercio di cocaina è il cartello messicano dei Los Zetas, responsabili negli ultimi anni d’innumerevoli sequestri di migranti centroamericani – se ne contano più di 20mila l’anno - torturati e poi rivenduti, come moderni schiavi, nei mercati del sesso, degli organi e della pedofilia; un mercato da decine di milioni di dollari l’anno. E’ dalle loro mani che arriva la polvere bianca che fa sballare giovani, e non solo, di tutta Europa; ed è a loro che questi ultimi pagano il prezzo del loro divertimento. Una cocaina che quindi, più che bianca, appare rosso sangue.  

Alessandro Giubilei
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I dati contenuti nell'articolo sono presi dal libro “Coca Rosso Sangue” di Lucia Capuzzi, edito da Edizioni San Paolo.

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