18 novembre 2013. Morti e
dispersi. E' emergenza. Precipitazioni molto intense hanno colpito la Sardegna
per oltre venti ore. Segnalati accumuli record, anche superiori ai 300
millimetri. Si contano i danni. Ponti crollati, viabilità in tilt. Persone
soccorse e salvate dai soccorritori. Le precipitazioni si sono scatenate nel
tardo pomeriggio con particolare violenza tra Nuoro e Olbia. Alla fine si conteranno
17 vittime accertate.
Purtroppo questo film già visto
infinite volte è così sempre uguale a se stesso da far suonare rituali, quasi
accademiche, anche le parole di chi non ha mai smesso di denunciare l'Italia
colabrodo. Malgrado tutto però noi tutti dobbiamo insistere. E' vero: in poche
ore sull'Ogliastra e sul Nuorese è caduta tanta pioggia quanta in genere ne
arriva in un anno: più o meno 400 millimetri. Ma non è la prima volta che
succede. Come ha ricordato il meteorologo Luca Mercalli, soltanto negli ultimi
dieci anni è capitato in altre due occasioni, 2008 e 2004; andò peggio solo
nell'ottobre 1951.
Si è trattato sì un fenomeno
eccezionale, probabilmente inasprito dai cambiamenti climatici globali che stanno
investendo il Mediterraneo, ma non è stato un fenomeno inedito. E allora, pesantemente,
piomba la oramai ricorrente e arcinota domanda leniniana: che fare?
Si può, si deve, sicuramente,
rendere il "pronto soccorso" della protezione civile più efficace: anche
se oggi funziona bene nel suo snodo centrale di coordinamento, troppo spesso
perde rapidità ed efficienza quanto più ci si allontana da Roma e ci si
avvicina ai luoghi fisici, laddove ci sono da gestire emergenze improvvise e
gravi.
E poi, imprescindibilmente, si
deve fare il contrario di ciò che in Italia si fa da decenni: consumo scriteriato
del suolo e scarsi investimenti nella messa in sicurezza e nella manutenzione
ordinaria del territorio. A fronte di un costo complessivo per la messa in
sicurezza del nostro territorio stimato in circa 40 miliardi, tutti gli ultimi
governi - da Berlusconi a Monti a Letta - hanno previsto a tale scopo risorse
irrilevanti, fino all'obolo di 30 milioni messo a bilancio con l'attuale Legge
di Stabilità. I governi italiani non hanno mai problemi a trovare miliardi per
grandi opere, costosissime o di dubbia utilità, o per mega acquisti che
interessano solo a qualche lobby potente come i famigerati F35, invece davanti
all'esigenza veramente vitale per il Paese di trovare non diciamo miliardi ma
almeno qualche centinaio di milioni da destinare alla difesa del suolo, alzano
le braccia.
Cemento ovunque, comprese quelle
zone in cui non si dovrebbe costruire un metro cubo, come ad esempio le fasce
golenali di fiumi e torrenti. Abusivismo edilizio tollerato e spesso
incoraggiato a forza di condoni: dobbiamo cambiare mentalità. La filosofia del
condono ci porta a credere che il denaro estingua il rischio, che se uno paga
l'ammenda per un abuso si mette per sempre in regola: mentre l'alluvione sarda
ci deve insegnare che la precarietà non si mette a norma, che finché non si
risolve il problema che si è creato sul territorio, la minaccia, in caso di
alluvione, resta sempre dietro l'angolo. Fra le tante cifre che ci ballano davanti
agli occhi, fra le tante cifre che si ricordano, ce n'è una che ci deve far
riflettere, e che andrebbe scolpita, anche nei fumosi discorsi dei responsabili
istituzionali: per ogni miliardo di euro speso in prevenzione, in questo Paese,
ne spendiamo due e mezzo di emergenza.
Si chiedano più investimenti sul
futuro, si metta a norma tutto quello che si può e si deve, e per favore,
smettiamola di piangere lacrime di coccodrillo, prima che ci venga presentato
di nuovo il conto di tutto ciò sotto forma dell’ennesima tragedia.
Niccolò Batini
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